RomanButton
RomanButton
RomanButton
RomanButton
RomanButton
RomanButton
RomanButton
RomanButton
RomanButton
RomanButton
RomanButton
RomanButton
RomanButton
RomanButton
RomanButton

STRADE DELLA ROMA PAPALE

Piazza S. Pietro in Vincoli   (R. I – Monti)  (vi convergono: via di San Francesco di Paola, via delle Sette Sale e via Eudossiana)

Il colle di S. Pietro in Vincoli, angolo della terza regione augustea: “Isis et Serapis" aveva la Praefectura Urbis[1] proprio nella località sottostante la basilica [2].

Dice il Rufini: “Eudossia moglie di Teodosio l'imperatore d'Oriente, recatasi a visitare i luoghi santi di Gerusalemme, ricevette in dono da Giovenale, patriarca di quella città, la catena con la quale credevasi che Erode, nella solennità degli azzimi, avesse fatto legare l'Apostolo S. Pietro. La detta imperatrice la inviò a        Roma alla sua figlia Eudossia giuniore, moglie di Valentiniano III (425-455), imperatore d'Occidente, e questa ne fece dono al pontefice Sisto III (432-440), il quale mostrò ad essa l'altra catena con cui Nerone parimente aveva fatto legare il medesimo Santo Apostolo, e questa, confrontando con la suddetta, avvenne miracolosamente che ambedue si unirono e formarono una sola. Per il narrato miracoloso avvenimento, vennero in molta venerazione que’ sacri vincoli [3], e poscia collocati nella basilica edificata nuovamente dalla suddetta imperatrice sul monte Esquilino ad onore di S. Pietro in Vincula, quindi “via di S. Pietro in Vincula”. (Rufini – 1847)

La basilica, prima di Sisto III (432-440), aveva un titolo che ci è ignoto.
Il pontefice la dedicò agli apostoli Pietro e Paolo e perciò fu detta “titulus Apostolorum” (era abbazia privilegiata).

Secondo altri, Eudossia (figlia - 422-493) donò la catena, ricevuta da sua madre Eudossia a Leone I (440-461) che l’unì all’altra catena della prigione romana, ed ambedue i ceppi furono deposti nella basilica che, fu edificata  dall’imperatrice nel 442-445. Costituita in titolo presbiteriale nel VI secolo, fu riedificata nel secolo VIII da Adriano I (772-795)  e  trasformata con lavori del XV e XVI secolo da Sisto IV (Francesco Della Rovere - 1471-1484) e Giulio II (Giuliano Della Rovere - 1503-1513) del quale vi fu poi eretto il mausoleo.

La tomba, di Giulio II (Giuliano Della Rovere - 1503-1513) in origine, commissionata a Michelangelo, avrebbe dovuto avere, come nel disegno originale, conservato agli Uffizi, oltre al sarcofago 40 statue di bronzo e di marmo. Per l'epigrafe da metterci, Pasquino ne compose alcune da scegliersi:

“Qui Giulio II giace
Noto all'Italia al mondo per furore:
Volse, fece, mostrò per farsi onore,
E ’l spirito è in ciel, non so se è in guerra o pace”.

Ed ancora:

“Giulio II giace qui sepolto;
Non ti accostare a lui, se non vuoi guerra: [4]
Ha fatto solo ben in questa terra,
Che la paura d’un peggior ne ha tolto”.

Altri versi fece, sempre in tal senso, ma il sepolcro rimase in progetto [5], e Michelangelo, dopo aver scolpito i ”Prigionieri[6] (al Louvre) e il “Genio Vittorioso” (Museo Nazionale di Firenze) dovette interrompere il lavoro e, anche per consiglio dello stesso pontefice, Leone X (Giovanni dei Medici - 1513-1521), occuparsi nella esecuzione delle tombe medicee di S. Lorenzo. Controversie e travagli, furono tanti che Michelangelo la chiamò “La tragedia della sepoltura” e Giulio II finì invece per essere sepolto a S. Pietro [7].

Volle però esservi seppellito, vestito di abiti nuovi e non vecchi, come era avvenuto a suo zio Sisto IV, e alle dita gli furono messi anelli del valore di 1000 ducati, perché “dicebat enim se recordari vidisse multos pontifices in obitu eorum a propris adfinibus et suis necessariis derelictos sic fuisse, ut indecentes nudi, etiam detectis pudibundis, iacuerint”.

A San Pietro in Vincoli, il successore Leone X [8], arbitro della controversia fra i della Rovere e Michelangelo, stabilì che questi lavorasse per tre anni al mausoleo, ridotto ad avere solo sei statue che, nel 1542, furono completate col monumento dagli allievi del Maestro. Completate dal Buonarroti furono le due statue laterali di Lia e di Rachele ed il Mosè, sulla cui maestosa figura ha lavorato la immaginazione popolare.

Da un segno che è sul ginocchio destro del Mosè è nata una leggenda, che lo attribuisce ad un colpo di martello che Michelangelo avrebbe dato alla statua finita, esclamando: “perché non parli?”.

Facendo poi appello alla fantasia e alla buona volontà: nella barba del Mosè sarebbero visibili un ritratto di Giulio II ed una testa di donna. Il primo, di profilo, sarebbe a destra di chi guarda appena sotto il labbro; mentre la seconda, pure a destra, di fronte. È da dire però che la cessazione dell'opera di Michelangelo per il sepolcro di Giulio II, fruttò al mondo le meravigliose statue delle tombe medicee. Per una delle quali, “la Notte” fu scritto:

“La Notte, che tu vedi in sé dolci atti
dormire, fu da un angelo scolpita
in questo sasso; e, perché dorme, a vita;
destala, se no’l credi, e parleratti”

Risponde Michelangelo stesso facendo parlare la notte:

“Grato nel sonno, e più l’esser di sasso,
mentre che il danno è la vergogna dura,
non veder, non sentir, m’è gran ventura:
Però non mi destar; deh! parla basso”.

Sulla Piazza [9], la torre detta dei Borgia [10] e sulla spianata del colle, dirimpetto alla facciata di S. Pietro in Vincoli v’era l'antichissima chiesa di Santa Maria in Monasterio.

La chiesa è menzionata da una carta Farfense del 1014 nella quale si menziona "Petrus abbas Monasterii Sanctae Mariae ante venerabilem titulum Eudoxiae"; e  da un documento del 1155 che dice "ecclesiae Sancte Mariae, quae appellatur  in Monasterio, que posita est ante titulum Sancti Petri". Nel catalogo (1192) di Cencio Camerario (1150-1227), poi Onorio III (Cencio Savelli - 1216-1227), è scritto: “est cappella episcopus tusculanensis et habet sex canonicos. L'ultima traccia della chiesa è del 1544, nel quale anno fu sconsacrata e cadde in rovina.

In un documento del XVI secolo è scritto: “Questa chiesa è quella che hora è ruinata in fronte al portico della nostra chiesa di S. Pietro in Vincoli; quale fu profanata da un certo Monsignor Antonio Scaramone da Rimini procuratore nel 1544 havendo comprato la vigna (ivi annessa). Quale chiesa fu abbattuta perché rovinata, con consentimento della Sede Apostolica; con un Motu proprio di Clemente VII (Giulio de´ Medici - 1523-1534) dopo il sacco di Roma (1527), essendo procuratore generale fra Augustino da Mantova”.

Scrive il Lonigo Michele (1605-1627)  “hora è un monastero di monache di Santa Chiara che si chiama della Purificatione [11],e che era una delle 20 principali abbadie di Roma”..

Martino V (Oddone Colonna - 1417-1431) l'affidò ai monaci Girolimini di S. Pietro in Vincoli dalla quale basilica la chiesa di Santa Maria dipendeva.

In San Pietro in Vincoli "nel mezzo del pavimento eravi un’antica epigrafe di papa Giovanni II (533-535) dell’anno 532 la quale è il monumento più antico ancora esistente in ordine a questa chiesa: rimossa quella preziosa lapide dal suo posto la si legge ora nel muro a sinistra sotto l' organo" (Armellini).

Altro monumento antichissimo è un musaico di S. Sebastiano, senile e barbato, dedicato nel 680, per la cessazione della peste.

____________________

[1] )            Durante l'impero. Consisteva in tre parti: secretarium (direzione); scrinia (archivi); tribunalia (luogo dei giudizi).

[2] )            “Nell’aprirsi il vano dell’ipogeo sotto l'altare maggiore, nel 1876, si trovò un sarcofago cristiano del quarto secolo, internamente diviso in sette loculi. Aperto il sarcofago, si trovarono frammenti di ossa e strati di cenere tra le quali due lamine di piombo con iscrizioni, che confermavano la tradizione, che fossero conservate, da tempo, nella basilica le reliquie dei sette fratelli Maccabei martirizzati per ordine del re di Siria (168 a.Ch.)” (Armellini).

[3] )            Anche su una delle campane della chiesa si ricordano le catene di  S. Pietro con l'iscrizione di Fulgentio: "Salve iubente Deo terrarum Petre catena – Qui facit ut pateat coelestia regni beatis”.

[4] )            Francesco I di Francia disse a Leone X del suo predecessore Giulio II: “Melior fuisset imperator quam Papa romanus”.  Ed in Germania: “Iulius papa non tam apostolorum sedis claviger, quam armiger”. (meglio sarebbe stato un imperatore che papa in Roma)

[5] )            Si dice che fu sepolto nella tomba dello zio Sisto IV (Francesco Della Rovere - 1471-1484), opera di Antonio Pollaiolo, ora nel Museo di Vaticano, poiché i resti dei due pontefici andarono dispersi nel sacco del 1527.

[6] )            Il significato dei "prigionieri" di Michelangelo è in parte svelato da un passo del biografo Condivi che viveva al fianco del Maestro: "Intorno, intorno di fuore (cioè del sepolcro che componeva la tomba papale) erano nicchie ove entravano statue e, tra nicchia e nicchia, termini, ai quali, sopra certi dadi, che movendosi da terra, sporgevano in fuori, erano altre statue legate come prigioni, le quali rappresentano le arti liberali, similmente la Pittura, Scultura e Architettura, ognuna con le sue note, sicché facilmente potesse essere riconosciuta per quel che era, denotando per queste insieme con Papa Giulio esser prigione della morte tutte le virtù come quelle che non fosser mai per trovare da chi cotanto fossero favorite e nutrite quanto lui". Sei statue marmoree che dovevano adornare la suddetta tomba (nel progetto primitivo 1505) di cui 2 sole finite, le altre allo stato di bozze. Le due finite furono regalate da Michelangelo a Roberto Strozzi e sono oggi al Louvre, mentre le altre quattro sono alla Galleria dell'Accademia a Firenze.

[7] )            Giulio II pose la prima pietra della Basilica Vaticana il 18 aprile 1506 precisamente dove sorge il pilastro della Veronica.

[8] )            Leone X chiamò il suo predecessore, Giulio II, “Papa marrano”.

[9] )            La scuola degli ingegneri era il palazzo del cardinale titolare della chiesa, costruito da Giuliano Sangallo (1445-1516) insieme al monastero, mentre il pozzo, che sta nel chiostro, si vuole sia stato lavoro di Michelangelo. Nella chiesa vi furono eletti Giovanni II (532) e Gregorio VII (1074).

[10]          Vedi Campanile della chiesa di San Francesco di Paola in “Piazza e via di San Francesco di Paola” (Monti).

[11] )           Da non confondersi con la chiesa di Santa Maria della Purificazione, della quale restano i ruderi non lontano dalla basilica Eudossiana, nella vigna già dei canonici regolari lateranensi, a sinistra della via delle Sette Sale, che conduce a San Martino ai Monti (Vedi via Merulana).

IMG_0504bis

Lapidi, Edicole e Chiese lungo in Piazza:

- La chiesa di San Pietro in Vincoli
- Le Lapidi
- Piazza di San Pietro in Vincoli

Blutop